23/09/10

Il "Rajudu multietnico" secondo Marcello.


Rajudu-reale

Arriviamo a Corridonia fra una nuvola e l’altra, pioggia fina e sole visto da lontano. Siamo un corpo unico coi ragazzi della Sciarada, che da Aprile discutono, progettano e lavorano per questa giornata. Tutto nacque, o almeno le idee presero corpo, per rispondere alla propaganda della Lega, con i suoi manifesti che vedevano gli italiani, poveretti, fare la fila dal dottore per ultimi, dopo gli arabi, i neri, magari i giovani, i drogati, etc. Parafrasando Antoine De Saint Exupery, è lo sforzo prodotto che rende valida l’iniziativa. Non ci sarebbero stati tempo cattivo, vento, stanchezza o impegni concomitanti a rendere vana la preparazione: ne eravamo sicuri. Sono le 15, siamo presenti solo io e Nicoletta, e gli organizzatori: Marco, poi Andrea, poi Silvia, l’elettricista, il barista del chiosco di Villa Fermani, sempre pronto a lucrare sulle carenze delle organizzazioni “povere”, come Rifondazione, centri sociali, aggregazioni giovanili. Ci fornisce gli stracci per le seggiole e i tavolini, ci ospita sotto la tettoia, mentre le donne completano la mostra di foto appese ai fili, dentro la villa, e qualche coraggioso prova a collegare cavi elettrici per i concerti in notturna. Il primo migrante, Adan pakistano di Porto Sant’Elpidio, arriva poco dopo. Ha il merito di averci messi in comunicazione, premiando la testardaggine di chi, quasi 10 anni fa, trasformò un impegno proposto dai partiti, in una casa aperta. Adan si preoccupa delle percussioni e dei manifesti colorati. Giusto. Poco dopo appaiono le mostre della Rete MIgranti “Diritti Ora!”, con molte foto marchigiane, poi l’AVULSS. “Tu chi sei? Ah, allora mi puoi aiutare”. Tutta la parata dei banchetti ruota attorno alla villa ben tre volte, per sfuggire alla pioggia, poi al vento, poi alle piante che sgocciolano. Arrivano Gabriele Sospiro,professore all’Università Politecnica delle Marche, che assicurerà la statistica della Caritas (e anni di militanza al nostro fianco) e Roberto Mancini, docente ordinario di Filosofia Teoretica all’Università degli studi di Macerata . Con loro arriva il primo assalto al cielo, decomporre quello che in tutto il mondo occidentale viene affrontato come “un problema”, cioè il flusso delle migrazioni, fornendo al popolo comune, cioè tutti noi, elementi oggettivi per non essere sopraffatti e non sopraffare. La personalità lavorativa, l’imprenditorialità diffusa che accresce del 17,9% il valore aggiunto nell’artigianato nelle Marche del 2008, non costituiranno elemento di convivenza se si considera l’immigrazione un processo avulso dalla crisi della globalizzazione mondiale. Questo il primo messaggio di Sospiro, che è ben a conoscenza come la sua città, Ancona, soffre della descolarizzazione “bianca” nei quartieri dove si concentrano gli immigrati, guarda caso vittime anche della speculazione sugli affitti da parte di quella popolazione indigena che si era arricchita nell’ultima generazione. Se noi italiani continueremo ad immaginarci il flusso migratorio di un senegalese, puntualizza Mancini, come una libera scelta individuale, e non uno spostamento coatto di massa, generato dalle variazioni delle politiche economiche in quei paesi, non ci renderemo conto di essere adescati ed usati per combattere una guerra diversiva. Molto efficace da parte di Roberto Mancini l’individuazione delle categorie di tutti coloro che sono colpiti dai razzisti: divisioni ben individuabili, come ebrei, neri, rom, poveri, drogati. Poi è molto chiaro come nasca in contrasto il rifiuto da parte degli stessi di essere racchiusi in una descrizione, i razzisti appunto, per il pericolo di essere discriminati a loro volta. L’assimilazione fa paura, fa perdere una peculiarità. Il contrario esatto di quanto sosterrò come Rete, che ci siamo sentiti utili a poter diffondere il viaggio di conoscenza di Sciarada, e di scoprire proseliti della nostra azione, che fossero o meno a conoscenza della nostra esistenza. La serie di punti di vista seduti attorno al tavolo si è arricchita poi dell’AVULSS, con Giuseppina Porfiri, ed il suo giudizio, sincero, di luci e ombre con le donne del mondo, e Paola Dari, insegnante mediatrice linguistica nella scuola di Corridonia, quella che ospitava anche Anni Ye, morta un anno fa all’età di 11 anni in un episodio che aveva riportato all’attenzione la condizione infantile adolescenziale nelle zone ad alto sviluppo imprenditoriale. Si potrebbe aprire, qualcuno lo fa, una discussione sulle infanzie e sulle adolescenze che lavorano e non sono seguite da condizioni di sicurezza.

E’ importante ricordare quanto gli ultimi interventi, e quello del sindaco di Corridonia, pur meno ottimisti e speranzosi dei precedenti, acquistino valore perché inseriti in una giornata dedicata alla convivenza, alla conoscenza, come strumenti per scardinare il sospetto e la disinformazione, presupposti dell’odio e del razzismo. Fra le considerazioni a latere, le più importanti perché molti rifiutano i riflettori, ci sono queste: i migranti sono persone come noi, per cui non è obbligatorio che vengano qui a discutere con noi, ora e adesso. E’ altrettanto vero che la possibilità di “fraternizzare” con persone che d’estate incontro come venditori in spiaggia, fa si che gli stessi costruiscano un percorso di frequentazione meno episodico, e anche meno “istituzionale” nei ruoli. Le seconde generazioni non sono generazioni tanto italiane, perché molti andavano a scuola nel paese d’origine, e la loro istruzione è duplice. L’operosità “originale”, o imprenditorialità, si muove seguendo la crisi, e reinventandosi.

Corridonia è la città che vedeva il no dei cittadini alla nascita del CPT, deciso dal Governo, nel 2004, perché tutti temevano l’aumento di presenze di immigrati e parenti. Ma quel centro nascondeva anche affari legati alla Quadrilatero, una delle più pericolose incursioni della finanza nell’economia marchigiana. Ed infine Corridonia vide centri sociali, movimenti no global e sinistra prendere posizione durante quel famoso consiglio comunale nel febbraio 2004, perché il CPT, riproposto oggi a Falconara, non è solo un luogo di detenzione assurdo per “reati amministrativi”, ma anche uno strumento armato di controllo del territorio. Non è un caso se da Corridonia, legata allo sviluppo indotto con l’ampliamento delle statali 76 e 77, siamo passati a Falconara, stretta fra una API che non si vuole dismettere, ed anzi avanza pretese di costruire due centrali elettriche, la ferrovia, la statale e l’aeroporto Raffaello Sanzio.

Alle 18 viene inaugurata la mostra di foto e di dvd curati da Sciarada e Matteo Antonini, con riprese e interviste allocate all’Hotel House ed a Macerata. Le foto sono molto belle, e disposte con una cura sentita. I dvd sono storia, ambiente, e mi fanno pensare che nelle Marche ce ne sarebbero altri, che testimoniano un’attività fatta dai migranti per loro piacere, non per permettere a noi italiani di mostrare quanto siamo bravi e democratici, ed è questo il miglior insegnamento. Ci vorrebbe il semaforo, all’ingresso della villa, per regolare il traffico, visto l’interesse e lo spazio più dedicabile ad una stanza da te. Ma nell’attesa ci si può istruire ai banchetti della Rete, di Amnesty, del Collettivo Antirazzista fermano, del GUS. Si parla, si fanno le foto, si discute, non ci si ripara più dalla pioggia. Anzi, arriva la cena a scaldarci, insieme ai primi stornelli. La cornice è eccezionale, i pini blu ed il cielo azzurro ci avvolgono, solo le candele portano un po’ di chiaro, i fuochi da lontano scoppiettano ed annunciano un nuovo giorno on the road, SCIARADICO.

Marcello Pesarini
Rete Migranti "Diritti ora!"

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